L’aquilone vola alto nel cielo, il vento lo sospinge sempre più su, fino a toccare le nuvole, per poi farlo ridiscendere in picchiata dando vita ad evoluzioni incredibili. Anche oggi minaccia di far danni. Ma l’abile mano che lo guida non vuole dargli questa soddisfazione. Tira e rilascia il feroce filamento stando attento ad indirizzare l’indomabile destriero nella direzione giusta. Deve farlo, deve riuscirci. Per lei. La bambina lo guarda ammirato, con il naso all’insù, senza perderlo mai di vista. È il suo eroe. Solo un’ora prima era chiusa nella sua cameretta a scrutare sconsolata fuori dalla finestra. Non era certo un buon giorno per uscire. Il vento era troppo forte e i nuvoloni neri erano pronti ad innaffiare la terra. Quel pomeriggio l’avrebbe passato in casa. Come quello precedente. E quello prima ancora. La vita avrebbe dovuto attendere un altro giorno. Un giorno migliore. Mentre abbattuta si recava a finire il suo disegno, suo padre era entrato dalla porta, dopo una lunga e faticosa giornata di lavoro. L’aveva vista in un angolo intenta a colorare con dei pennarelli variopinti e si era lasciato cadere pesantemente sul divano, sfinito. «Cosa stai disegnando?» le aveva chiesto dolcemente. La bambina si era alzata e gli aveva portato triste il foglio. Sulla superficie bianca, bagnata in alcuni punti dalle lacrime, si distendeva un grande e luminoso aquilone, pronto a prendere il volo. Il papà l’aveva guardato stupito, dopodiché aveva sollevato lo sguardo in cerca della figlia ma lei già non c’era più. Senza dire una parola era ritornata verso il suo tavolino. Erano bastati pochi secondi al papà per recuperare tutte le energie ed alzarsi con un balzo dal divano, mosso da ingranaggi nuovi. «Mettiti le scarpe, su». La bambina non aveva capito, ed anzi aveva tenuto gli occhi malinconici sul suo lavoro. Ma l’abbraccio che improvvisamente l’aveva avvolta aveva dissipato ogni dubbio. Insieme erano corsi fuori ignari di ciò che li attendeva. «Dove andate? Tra poco pioverà!» aveva urlato la mamma senza essere minimamente ascoltata. I due fuggiaschi avevano raggiunto il piccolo garage e dopo alcuni secondi avevano tirato fuori il polveroso volatile. Poche corse di rodaggio sulla pista ed il coraggioso pennuto aveva raggiunto le vette che gli spettavano. Finalmente era a casa. La bambina non riesce a smettere di sorridere, mentre osserva quella scena con comprensibile incredulità. Non è vero che la magia non esiste, e quella ne era la chiara dimostrazione. L’aquilone si libra sereno all’interno del suo habitat naturale, come se fosse stato appena liberato dopo anni di cattività. La felicità la si può notare dai suoi movimenti rapidi e sfuggenti, allo stesso tempo imprevedibili ed inafferrabili. Se solo il filo si spezzasse potrebbe tornare in un secondo dalla sua famiglia, nell’Africa equatoriale, e rivedere così finalmente sua madre. Una raffica di vento improvvisa però sembra spezzare l’idillio. Con una capriola l’aquilone si avvita su se stesso e si abbatte rovinosamente al suolo, andando a colpire alcuni arbusti secolari. La bambina corre preoccupata a salvarlo, prima che qualche animale feroce lo divori. Da brava crocerossina lo libera dai rovi e lo stringe forte forte a sé. Dopodiché lo solleva sopra la testa e lo tiene così, immobile, per alcuni secondi. Suo padre la osserva attento, da lontano. La bambina spicca un salto e la giovane aquila magicamente torna a volare, guarita, verso la sua aerea dimora. Anche per oggi il miracolo della vita ha fatto il suo inevitabile corso.