“Ahi quanto a dir qual era è cosa dura, esta selva selvaggia e aspra e forte, che nel pensier rinova la paura…” Così come Dante, anche noi ci siamo ritrovati lungo il cammino della nostra vita, a dover fronteggiare un male microscopico nell’aspetto e oscuro quanto la selva descritta dal sommo poeta.
Il sentimento più forte che ogni giorno ho provato, in questo periodo di forzata reclusione, è sicuramente un groviglio di paure e in certi frammenti di attimi, lo scrigno che racchiude la mia anima si è infranto, lasciando libero accesso alla paura di non essere abbastanza per i tanto temuti prof. o di non essere abbastanza forte per sopportare il peso di questa nuova condizione di vita. È difficile interfacciarsi con la realtà della didattica a distanza tra connessioni che vanno e parole che sfuggono, soprattutto il mercoledì, perché? Vi assicuro che certi prof hanno la capacità di fermare il tempo e rendere interminabili le lezioni.
Allo stesso tempo, la mia quarantena è un’esplosione di colori e sfumature, una scatola di ricordi, un rilassato abbandono. La mia testa è pervasa da mille pensieri, le mie notti insonni sono piene di incubi, le mie giornate colme di film a oltranza, studio matto e disperatissimo e fiumi di libri divorati o letti a metà. Mi chiedo se io stia vivendo di più adesso, scoprendo minuziosamente ogni briciolo della mia esistenza o prima, quando ero costretta a vivere in un frenetico via vai a destra e a manca, guide per la tanto agognata patente e lezioni di inglese con la madrelingua. Sono una musicista e tra i miei impegni soliti ci sono anche le prove d’orchestra che sono per me come l’aria che respiro.
Adesso, nell’arco di un’interminabile giornata, mi sento come un libro che viene chiuso e quelle parole restano serrate e aspettano che qualcuno riprenda a leggerle, come un viaggio senza meta. Certe volte mi sento come “Il grido” di Munch, nessuno dei miei più cari amici mi ascolta veramente e continua il suo cammino, a volte dimenticando la mia esistenza, il mio grido silenzioso. Ho scoperto di essere un po’ orgogliosa, tengo per me la mia guerra interiore e non rendo partecipi coloro a cui dedico il mio cuore. Mi sento indifesa, travolta dalla solitudine.
Ma, un po’ come quell’alba descritta da Ungaretti, io “Mi illumino d’immenso” e rinasco quando l’amore penetra nelle mie giornate, quando colui, che è l’arcobaleno dopo la tempesta dei miei malumori, è lì, oltre quello schermo e mi guarda da lontano.
Inventiamo storie, sogniamo all’unisono, siamo due musicisti dentro e fuori, e come in un canone le nostre anime compongono una dolce melodia.
Ho riscoperto quanto possa essere elettrizzante sentirsi tutt’uno con il mio violino, leggere quelle note con la mente e con il cuore, impazzire per ogni minimo errore.
Durante la lezione di violino in videochiamata, le note arrivano all’orecchio del mio maestro ancor prima del muoversi del mio braccio sullo strumento. Credetemi, questo è bizzarro, divertente e fastidioso allo stesso momento.
Ogni sera, la malinconia entra a far parte dell’intero cosmo della mia persona e dal balcone osservo le stelle che pian piano diventano due, poi quattro e attentamente ascolto quel silenzio assordante, cullato dal dolce odore dei fiori d’arancio che inebriano ogni singola particella del mio corpo. È questo il bello della particolare diretta che è la quarantena, vivere in maniera imperfetta, travolgente, essere fuori dal comune, essere se stessi, esplorare il proprio mondo interiore in quella piccola ma accogliente dimora che noi chiamiamo casa.