Martedì 10 marzo, tutta l’Italia,è diventata zona rossa. Vivere in zona rossa significa risvegliarsi da un letargo di onnipotenza: noi che abbiamo sconfitto malattie rare ora dovemmo cambiare le nostre abitudini di vita per un miserrimo virus? No, non è possibile. Digitiamo su un qualsiasi motore di ricerca “Corona virus” e in un attimo sappiamo già di cosa si tratta. Un nuovo ceppo di coronavirus segnalato in Cina, a dicembre 2019. Ci sono sempre di mezzo i cinesi. Ma noi non siamo la Cina. Noi siamo l’Occidente ricco, evoluto, lindo e democratico. Il Corona non ci fa paura. Noi fieri abitanti del Vecchio Continente, eredi di quelli che andarono a colonizzare tutto il colonizzabile in nome del fardello dell’Uomo Bianco, vinceremo anche questa battaglia.
Oggi è il 5 aprile e tra 5 giorni è giusto un mese che l’Italia è stata dichiarata zona rossa. Oggi crediamo che, forse, andrà tutto bene. Noi che, secondo i dati dell’OCSE paghiamo pegno per un altissimo analfabetismo di ritorno, abbiamo imparato a tenere testa a infettivologi e virologi, ma dobbiamo ancora capire come il corona sta minando i nostri equilibri psichici, mettendoci di fronte alle nostre debolezze. Per non confrontarci con noi stessi in un silenzio assordante, stiamo imparando a “spostare” la questione: setacciamo Amazon alla ricerca di cyclette, meditiamo, leggiamo, cuciniamo installiamo su tutti i dispositivi di casa google meet, duo e zoom, perché in questo momento dobbiamo assicurarci che tutti i nostri contatti, reali e virtuali non sono stati ancora contaminati. Ma prima o poi arriva il momento in cui scopri che qualcuno che conoscevi, magari anche non benissimo, ci è dentro fino al collo. In quel momento ti senti nuda di fronte a qualcosa che è più grande di te. E allora fai quello che oggi non si fa perché non è figo mostrare le proprie debolezze: urli e piangi perché temi che prima o poi Lui ti possa toccare più da vicino ghermendo gli affetti a te cari. Ma quando hai pianto tutte le tue lacrime, il miracolo. Ti alzi, ti asciughi le lacrime, indossi la tuta e ti fiondi sulla cyclette. E mentre pedali, ripassi mentalmente gli impegni dell’indomani: videolezione al mattino, cyclette, pranzo, relax, lettura, mandala, meditazione, shopping on line, film e cena. Perchè è cosi, perché sei parte di quell’ingranaggio che è la vita e che è straordinariamente avido di sé stesso e di continuare. E tu, per te stesso e per tutti quelli che non ci sono piu, hai il dovere di continuare a vivere.
E di pensare che forse non sarebbe male se alla fine di tutto, avessimo capito che il virus non è un problema dei Cinesi. Che il problema non sono i Cinesi. Non sarebbe davvero male se avessimo capito che, se ognuno di noi mettesse di tanto in tanto e solo un pochino, al di sopra del proprio interesse personale, il bene collettivo, forse potremmo stare tutti un po' meno peggio. E’ faticoso certamente. Ma vivere “richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.”