Giorno di quarantena numero non lo so, non ricordo più a che siamo arrivati.
Le giornate sono tutte uguali tra il divano e la cucina e spesso i due ambienti si fondono sciolti dal calore del sole che arriva da fuori. L’estate pare arrivata in anticipo proprio adesso che non possiamo uscire.
Sembra di vivere in un mondo parallelo. Ho preso consapevolezza di cosa stesse accadendo solo quando ho visto le immagini di tutta quella gente che correva per prendere posto sui treni verso il Sud. Persone che come me sono state costrette dalla vita a spostarsi e che ora cercavano in tutti i modi di tornare giù. Io non me la sento di criticarli, quello che sta succedendo è troppo complicato per emettere giudizi.
Di fronte a me la televisione, a sinistra l’armadio che non si apre da settimane, sono sempre in tuta e t-shirt, a destra la finestra con davanti l’attrezzo per lo squat. L’unico momento in cui quell’apparecchio mi ha visto sudare è stato quando l’ho montato.
Sopra la mia testa il letto, a soppalco, come molte case milanesi, piccole e costose.
Lei è nell’altra stanza che lavora, smart working, io steso sul divano con il pc sulle gambe alla ricerca di lavoro. A gennaio il contratto è scaduto, il mio come quello di tanti altri e l’azienda ha pensato che la cosa migliore fosse lasciarci a casa.
All’inizio dell’anno i giorni erano quasi tutti uguali ma almeno avevo il calendario chiaro in testa e tanta voglia di fare, adesso ho perso anche la cognizione del tempo.
Troppi pensieri per essere solo inizio aprile. Tra poco arriverà il mio compleanno, poi Pasqua e dopo il suo compleanno. Insieme alle offerte di lavoro mi aspettano anche giorni di ricerche online per un regalo che sicuramente non arriverà in tempo nonostante le strade deserte.
L’aria è più pulita. Dalla strada nessun rumore. Se guardo fuori vedo solo camion con il marchio di qualche supermercato, corrieri che fanno consegne, riders che portano chissà quale cibo in case dove qualcuno mangerà davanti al pc oppure alla tv come spesso facciamo anche noi.
A piedi persone in mascherina che corrono oppure portano il cane a spasso. Mai visti così tanti runners ma soprattutto così tanti cani nel mio quartiere.
Tra un po’ arriverà il momento dei miei cinque minuti d’aria, devo gettare la spazzatura. Mascherina e guanti e via verso il sole. Cinque minuti in cui mi scollo dal divano e faccio due passi, dal primo piano al bidone nel cortile e viceversa.
In tv vedo e sento di interi quartieri che si sono organizzati per cantare tutti insieme, affacciarsi contemporaneamente ai balconi per gridare qualcosa. Qui da me nulla, regna il silenzio ma anche il silenzio ha il suo fascino e soprattutto la sua importanza.
Questa città è sempre così caotica che quando sta zitta per un po’ cambia faccia, la calma le dona.
Il frigo è mezzo vuoto. Sono passati undici giorni dall’ultima volta che sono andato al supermercato. Ogni volta che lo apro non riesco a capire se compro poco oppure in questo periodo mangio troppo e male. Andiamo uno alla volta a fare la spesa, è vietato entrare in due. La fila è sempre lunghissima, un po’ come per i cani non ho mai visto tutte queste persone nel mio quartiere.
Io davvero ho perso la cognizione del tempo e non ho capito in che fase siamo, a sentire la tv ogni regione sembra fare a modo suo.
Tutti dicono che quando sarà finita questa storia saremo delle persone migliori, per alcuni lo siamo già adesso anche se chiusi nelle nostre case.
Lo dicono tutti e forse, continuando a sentirlo dire, qualcuno ci crederà e alla fine sarà davvero così.
Qualcosa è cambiato, probabilmente anche qualcuno.