METRI
Pensavo ai miei ultimi mesi, orribili, lenti, stanchi, solitari. Le gambe che non andavano d’accordo coi pensieri, la memoria che stentava a ricordare le immagini intraviste e le frasi accennate intorno a me.
Le tante cadute, e i sempre meno metri percorsi.
La concentrazione che su me stesso stentava ad arrivare.
Le Flebo, le terapie, le nuove medicine alternate alle vecchie e poi le fisio, le stampelle il deambulatore, e Maso che con molta discrezione irrompeva nella mia vita, fino a stravolgerla emotivamente.
Una montagna sempre più alta da scalare, ma sono stato io a sfidarla fin sopra le vette credendo di appianarne gli ostacoli, mentre quello principale ero io. La stanchezza negli occhi di chi ama i miei miglioramenti graduali, mentre io….. lo stesso di sempre!
Nell’attesa consumavo metri di carta riempiendola di parole, quelle spiaccicate tra gli scarabocchi incastrati nello spazio anonimo lasciato da “placche” tiranne e prepotenti. Un bianco sporcato d’inchiostro solo per ricordare gli episodi invivibili dei miei momenti sempre più bui.
Poi “quell’interruttore” che non ti aspetti, quello nascosto dietro “l’armadio”. Le mie dita che ci entrano a stento, e che non riescono a toccarlo. Ho bisogno di spostarlo “quell’armadio”, profitto e faccio anche il cambio di stagione dei pensieri: metto via quelli brutti. Fatico non poco, quasi lo tocco, ci sono, ma non succede nulla.
Cazzo, è arrivata prima lei con il suo tocco leggero, mentre la sua mano resta lì a schermare il tasto per non farlo toccare dalla mia. Mi guardo intorno, approfitto, le volto le spalle, per ora non voglio nemmeno sentirla nominare; ho ancora tanto da recuperare.
Ho metri liberi da me ancora da percorrere.
MAURO GALLIANO