Il mondo si fermò. Il tempo si fermò. Solo la natura continuava la sua vita che appariva più vita. Quel terribile virus pretendeva una lunga quarantena. La solitudine le sembrò un dono. Chiusa nella sua vita, Asia non aveva tanti amici. Era intollerante, spesso sgarbata e difficilmente sorrideva. Una mattina aveva sentito le vicine chiamarla “Miss Isolamento”. Le donne avevano sfoggiato ogni tipo di approccio quando era arrivata nel condominio, ma senza risultati. Meglio! Nessuno avrebbe desiderato chiederle di sé, e soprattutto della sua solitudine. Troppe ore aveva non vissuto, troppa tristezza si era impadronita della sua anima. Il trasloco in quel quartiere così lontano dalle sue origini, le era sembrata la soluzione adatta, e ora si godeva l’effetto della sua voluta estraneità. L’aveva scelta. E finchè poteva scegliere si sentiva libera.
Spesso ascoltava dai balconi la vita condivisa dei suoi vicini; ma infastidita da tanta promiscuità, si affrettava a chiudere anche le imposte, allargando così la distanza dal genere umano. La sua storia le aveva insegnato che non bisogna affidarsi a nessuno, perché la delusione arriverà. E la sua arrivava. Sempre.
Aveva comprato ogni genere di alimenti o altra necessità e ora era contenta di avere un valido motivo per la sua segregazione. Poteva finalmente sentirsi autorizzata a essere sola. Le ore scorrevano docili per il suo corpo, mentre la sua tenera anima involontariamente incattivita dagli eventi, si doleva inconsapevole. Ma Asia sembrava felice. Il virus mieteva vittime, mentre lei sopravviveva a tanta mestizia. “Ce la faremo” era lo slogan. Ma per lei nulla era cambiato. Aveva sempre saputo che ce l’avrebbe fatta. La differenza stava solo nel numero. Si predicava solidarietà, unione. Ma per Asia era sempre bastata la sua sola intima forza.
Singola. Solitaria. Fino a quella mattina.
Le membra sembravano non obbedirle. Attacchi di tosse le avevano squassato il petto per tutta la notte. E ora le sembrava di bruciare dall’interno. Si alzò con fatica e il mondo girò troppo in fretta. La bocca si spalancava a cercare aria che sembrava non bastare. La paura vinceva. Quel maledetto virus aveva avuto la meglio. Eppure l’aveva combattuto come dicevano. Sola nella sua anima prima che in casa, le sembrava di non meritare quel finale orrendo.
La temperatura ardeva e la forza svaniva. Improvvisamente si accorse della sua solitudine. E dopo tanto tempo, la spaventò. Ricordò quei carri che in abbandono assordante si avviavano all’ultimo viaggio. Nella morte nessuno vuole essere solo. La libertà di scegliere era ora divenuta troppo carica, pericolosa. Con grande sforzo prese il telefono e compose il numero mai dimenticato. Non si aspettava comprensione. Non pretendeva conforto. Non esigeva affetto. Solo aiuto. E poi un tono solidale, una voce amica la sorpresero.
Il tempo e gli eventi erano spariti. E quando vide il volto amato che le tendeva la mano, pensò: “Sì. Ce la faremo!”