Per quanto fossi lontano dal poter immaginare un futuro con lei mi ritrovavo a vivere in condizioni critiche con la mia famiglia, critiche perché non riuscivo a mandare giù nessuno tanto meno me stesso.

Quando ci si ritrova con altre persone chiusi in sé stessi si ha sempre l’impressione che gli altri siano un contorno distorto e senza rilievo.

Se potessimo riuscire a creare porte potremmo entrare più facilmente nel cuore dei nostri cari invece che sbarrare qualsiasi entrata.

Questo mi ripetevo ogni giorno dal primo soffio di prigionia che ho sentito sulla mia pelle.

Ho cercato di pormi domande, di risolvere tutto con ulteriori quesiti, come hanno fatto un po’ tutti in questo periodo di totale solitudine interiore.

I giorni andavano a ruota tra una notte insonne, qualche gioco alla play, film, libri, ho scritto anche abbastanza, abbastanza per poter pensare a qualcosa prima di andare a letto, per trovare un immaginario mondo diverso da quello raffigurato da media e melodiche politiche propagandistiche. Odio e dolore vedevo attraverso i miei occhi e il momento prima di andare a letto era il modo per chiuderli e smetterla di pensare.

Il tempo era perfetto fuori, ma logorato dentro.                   

Pioveva di notte ed io passavo le ore udendo il rumore della pioggia scorrere, scorrere come la vita tra le dita.

Pian piano ho sentito ciò che mi circondava cambiare, amici cambiare, molti in meglio, da sembrar già più adulti di quanto già non lo fossero.

Le mattine di primavera erano le più belle che avessi mai visto in vita mia erano cosi vere cosi pulite e prive di ogni forma di inquinamento sentivo del bene in tutto questo, un bene che ci poteva servire come il pane bastava solo cogliere il grano.