“Ho deciso! Appena finisce questa maledetta quarantena mi libero di te, vado via una volta per tutte!”
“E vai, vai. Ma chi ti vuole?”
“Non cercare di fermarmi. Stavolta è quella definitiva. Non puoi trattenermi.”
“Ma chi ti tiene? Sei libero. Anzi vattene prima che finisca la quarantena così liberi anche me al più presto.”
“Ti piacerebbe, eh? Esco prima, così magari mi becco il virus, mi ammalo e magari muoio? Eh? Ti piacerebbe. Ma io questa soddisfazione non te la do. Andrò via il primo giorno utile. Non uno prima né dopo. Questa convivenza forzata è stata un incubo.”
“Un incubo per te? Per te? Cosa dovrei dire io allora che ti ho avuto davanti ventiquattrore su ventiquattro per quasi tre mesi? Basta! Sono stufo. Ho bisogno della mia privacy.”
“Sei tu che mi perseguiti. Ti trovo in ogni angolo della casa. Non posso fare un passo che stai lì a giudicarmi. E come sei ingrassato, e come ti muovi male, e raditi che sembri uno straccione, e togliti quella tuta da dosso, e fa’ qualche esercizio fisico. Che palle! Non ce la faccio più!”
“Lo facevo per te, razza di cretino. Per non farti imbarbarire. Io mi mantengo sempre lindo, pulito. Ho un mio spessore. Non sono cambiato di un nulla, vedi?”
“Eh già, per te è facile. Sei abituato a startene in casa, fermo. Io invece sono affamato di aria, di spazio, di libertà. Sono uno spirito indipendente.”
“Sì, come no. Ma se ogni volta, prima di uscire, non fai altro che chiedermi consigli. Sto bene vestito così? Il colore della giacca è adatto alla camicia? Non è che pettinato in questo modo sono ridicolo? Che pena!”
“Non preoccuparti, non succederà più. Farò a meno di te.”
“Non puoi, sai che non puoi.”
“Certo che posso. Posso e lo farò!”
“Ah, sì? E la cravatta? Come riuscirai a farti il nodo? E la barba, chi ti aiuterà a raderti? E chi ti dirà che hai un brufolo sul naso che ti fa sembrare mister pustola? Ricordi quando mi accorsi che avevi quell’alone scuro sull’incisivo?
Dicevi che era una semplice macchietta nera, invece era una carie! Per non parlare di quei quattro capelli che ogni volta cerchi di assemblare in modo diverso, per non mostrare la tua calvizie incipiente, anzi, conclamata! Ah, un’altra cosa, odio quelle smorfie che mi fai ogni mattina. Spalanchi la bocca, la distorci, atteggi le labbra a culo di gallina. Sei patetico.”
“Sei un miserabile. Hai rovistato nel mio essere e ora mi rinfacci tutto.”
“Io dico sempre la verità, non posso mentire. È la mia indole. Quello che vedi in me non è altro che la versione di te stesso priva di qualsiasi fronzolo, di qualsiasi rilettura edulcorata. Puoi mentire a te stesso, non a me. Io ti conosco nel profondo.”
“Posso sempre distruggerti!”
“Mi ritroveresti in una pozza d’acqua, in una vetrina, nel fondo luccicante di una padella d’acciaio. Non puoi liberarti di me.”
“Va bene, va bene, hai vinto. Sono esausto.”

“Mi prometti di non fare più così?”
“Sì, non minaccerò più di andar via senza di te o di farti a pezzi, lo giuro.”
“Non mi riferivo a quello. Ti ho appena detto che in un caso o nell’altro non potresti affrancarti dalla mia presenza. Mi riferisco a quello che sei diventato.”
“È questa forzata permanenza in casa che mi ha distrutto.”
“Lo so, non è stato facile, ma tra poco si riparte. Ti ritroverai tra la gente, tra gli amici. Non puoi farti vedere così.”
“Hai ragione.”
“A differenza tua, io rifletto.”
“Va bene. Da domani dieta ferrea. Esercizi fisici e via questa barba.”
“Me lo prometti?”
“Sì, lo giuro.”
“Buonanotte allora.”
“Buonanotte specchio, a domani.”