Da domenica 16 febbraio siamo ufficialmente entrati nel periodo di Carnevale. Ma da dove nasce la parola che indica questo periodo dell’anno in cui «semel in anno licet insanire»   “una volta l’anno è lecito impazzire”? La parola Carnevale, ovvero carnem levare,  significa, appunto, eliminare  la carne, e sta ad indicare il banchetto che si teneva il martedì grasso, prima del periodo di astinenza, la Quaresima, in cui non era  previsto il consumo di carne.                                                                    Una festa, dunque, strettamente connessa alla religiosità, che non ha una data fissa, ma che dipende da quando cade la Pasqua. Una ricorrenza che si contraddistingue per i suoi usi e costumi tipici di ciascuna regione d’Italia.

Mascherarsi è una delle consuetudini stravaganti di questo periodo. Una tradizione, quest’ultima, che secondo molteplici fonti, ha origini antiche.                                            Si narra infatti che, questa pratica, abbia le sue radici in una festa dedicata alla dea egizia Iside, durante la quale era consuetudine, per alcuni gruppi di partecipanti, di indossare una maschera. Tale usanza fu poi successivamente importata dai Romani. Un’abitudine, quella di mascherarsi, che, in qualche modo, poteva anche sconvolgere l’ordine sociale, poiché dava la possibilità, attraverso il travestimento, di assumere le sembianze più disparate, indipendentemente dal proprio stato sociale. Nel Medioevo, infatti, i popolani potevano liberamente vestire i panni dei potenti.

Il Carnevale oggi, tuttavia, lo attendiamo soprattutto per le gustose leccornie, che un po’ ovunque nel nostro Bel Paese, rendono tipica questa festività.  Un tripudio di dolci fritti che da nord a sud rallegrano le tavole degli italiani, e che, per quanto distanti, spesso risultano simili per ingredienti e lavorazione.

A Padova, ad esempio, un dolce tipico è la frittella, (fritelle, fritoe in dialetto). Un pasticcino che affonda le sue radici nell’antichità e che risulta caratterizzato da una tipica piacevole crosta croccante esterna, in contrasto con la morbidezza di un ripieno. Una vellutata crema pasticciera, oppure una gustosa crema al cioccolato, o ancora una profumata crema zabaione. Tante e tante le farciture, che durante le festività di Carnevale, riempiono quelle croccanti sfere, irrinunciabili attrazioni, prima per la vista e poi per il palato.

A Napoli una variante della frittella padovana è la “Castagnola”. Piccola pastella a forma di castagna, appunto, ripassata semplicemente solo nello zucchero, oppure anche farcita. Nella città di Pulcinella, tuttavia, la lista dei dolci disponibili, ovviamente, non si esaurisce qui. Tra i tanti il “Migliaccio”, servito, come da tradizione, il Martedì Grasso e caratterizzato da ingredienti semplici quali il semolino, la ricotta, le uova, il burro e lo zucchero. Anche questo dolce affonda le sue radici nell’antichità, il Medioevo per la precisione. Il “Migliaccio” deve il suo nome ad un ingrediente, il miglio, oggi sostituito del tutto dal semolino.                                        Altro dolce tipico del carnevale, la graffa imbibita nel cioccolato. Una sorta di ciambella ovale con le punte sovrapposte, accompagnata da un bel cucchiaio di sanguinaccio. Anche qui siamo in piena tradizione. Nel primo caso, infatti, parliamo di un dolce risalente al 1700. Una probabile rielaborazione del krapfen tedesco, che altro non è che una grande ciambella di morbida pasta fritta e ripassata nello zucchero. Il sanguinaccio, invece, è una crema gustosa a base di cannella e cioccolato, anche se in origine l’antichissima ricetta prevedeva oltre al cacao anche l’utilizzo del sangue di maiale, bandito nel 1992 per il rischio di infezioni.

Viaggiando nel gusto non possiamo non tornare al nord per incontrare un altro dolce tipico del carnevale, presente anche in Campania e in altre regioni con il nome di “chiacchiere”: “I galani” o “crostòli”

Le chiacchiere o come le chiamano a Padova, Galani o Crostòli sono, per lo più, sfoglie fritte friabili ricoperte di zucchero a velo. A seconda della forma, più o meno simile, rappresentano il dolce più diffuso sulle tavole italiane durante la settimana di Carnevale, e di fatto sono caratterizzate da una straordinaria semplicità negli ingredienti: farina, uova e burro. Fritte o al forno, accompagnate da creme e/o cioccolato, restano comunque un dolce caratteristico di questo periodo, e come per tutte le leccornie di Carnevale, irriverenti e allegre per un gradevole tuffo nel passato.

Uno spartiacque tra il sacro e il profano, tra l’abbondanza del Martedì Grasso e l’astinenza della Quaresima. Una tradizione che scandisce il tempo e le ere, ma che non perde il suo fascino, così come la sua storia. Buone feste e buon appetito.

Anna Di Fresco