C’erano una volta le grandi catene alberghiere… No, non è l’inizio di una favola e nemmeno il ricordo di un tempo trascorso, ma la costatazione di una realtà ben rappresentata nel volume di Lello Marangio “Incontri ravvicinati con quel tipo” per Homo Scrivens Editore. L’autore, infatti, oltre ad essere noto per aver firmato numerosi testi comici, sia per l’editoria che per il teatro e la televisione, nei suoi lavori, affronta, con il sorriso sulle labbra, anche complessi argomenti sociali. In questo lavoro, infatti, anche se non apertamente dichiarato, l’autore affronta la tematica della capillare diffusione delle catene alberghiere internazionali sul nostro territorio a discapito delle piccole realtà ricettive. Noi giornalisti di “dallo scaffale al web” che di fiuto ne abbiamo quanto, se non più, del suo commissario Fabozzi, l’abbiamo subito intuito. Il ricorrente nome delle strutture che hanno ospitato il solerte commissario nei suoi ben 23 trasferimenti in quindici anni di servizio, ne è una testimoninza. È infatti abbastanza evidente l’intenzione dell’autore di portare a conoscenza del grande pubblico la tematica in oggetto. Non crediamo sia necessario, pertanto, sottolinearlo ulteriormente. Con La Genoveffa ai monti, La Genoveffa al mare, La Genoveffa al fiume, al lago ecc… l’autore si è apertamente dichiarato.
Tuttavia, il volume, come i precedenti lavori dell’autore rimane un testo umoristico, in linea con la sua produzione. Marangio, infatti, non cerca scorciatoie, ma va dritto alla comicità, cosa notoriamente più difficile da rendere in un testo. “Incontri ravvicinati con quel tipo” ha alle spalle una evidente raffinata ricerca della battuta, frutto di anni di esperienza. Un testo di umorismo puro, che lo rende adatto ad una trasposizione teatrale, televisiva e/o cinematografica.
Ciò che ci preoccupa è il commissario Fabozzi, perché purtroppo se fosse solo per lui, ci sarebbe più da piangere che da ridere, tanta è la sua superficialità e sbadataggine. Ercole, questo il nome del commissario, potrebbe anche essere un discreto poliziotto, perché grazie ai colpi di fortuna, qualcosa di buono la fa, ma finisce sempre per mandare tutto all’aria per la sua grande stupidità. Sono eventi che pagina per pagina costringeranno purtroppo il lettore a proseguire sulle orme di quella nota frase di Totò, “Voglio vedere questo stupido dove vuole arrivare”. E purtroppo per lui, di certo, non finirà qui.
Carlo De Cesare