DiVino Etrusco 18°edizione a Tarquinia
La bellezza di camminare all’interno delle mura antiche di Tarquinia, passeggiando tra le vie di sampietrini con in mano un buon calice di vino, godendosi il tramonto e poi le stelle, tra torri, chiese e mura medievali, dove il “sapore” degli etruschi si sente nel bicchiere e si ammira con gli occhi.
Questo è DiVino Etrusco, manifestazione alla sua diciottesima edizione, che promuove e racconta la cultura storica ed enologica etrusca. Si è tenuta dal 22 al 25 agosto e proseguirà dal 29 al 31 agosto, tra le stradine del centro storico di Tarquinia, una delle dodici città della confederazione: la Dodecapoli Etrusca. Tarquinia, Arezzo, Bolsena, Cerveteri, Chiusi, Cortona, Orvieto, Perugia, Piombino, Veio, Volterra e Vulci, sono infatti le città da cui provengono le 46 cantine presenti, per un totale di 92 referenze.
Proprio per suggellare questo connubio tra cultura e vino, l’evento è stato inaugurato per il secondo anno consecutivo al Palazzo Vitelleschi, che fu fatto costruire nel 1436 dall’omonimo cardinale, il più illustre fra i cittadini di Corneto, la medievale Tarquinia. Dal 1924 ospita il Museo Archeologico Nazionale Tarquiniense.
Alle 18.45 del 22 agosto, davanti al Palazzo, c’erano i referenti di tutti gli enti coinvolti nell’organizzazione dell’evento per il taglio del nastro: Comune di Tarquinia, con il sindaco e la Pro Loco, in collaborazione con l’enogastronomo con il cappello Carlo Zucchetti, e con il sostegno di Regione Lazio, Arsial, Provincia di Viterbo, Camera di Commercio, Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia e l’associazione Viva Tarquinia.
Il tema toccato da tutti i presenti durante la conferenza inaugurale è stato proprio il valore dell’abbinamento tra i prodotti della storia e della terra.
Per approfondire abbiamo chiesto a Vincenzo Bellelli, Direttore del Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia di spiegarci il legame storico tra i territori vitivinicoli proposti rispetto alla storia degli Etruschi.
Gli Etruschi sono stati il popolo che ha capito per primo le potenzialità economiche della coltivazione del vino. In particolare nei territori di Cerveteri e Tarquinia e di Vulci, che si prestavano dal punto di vista orografico per delle coltivazioni estensive. Si poteva arrivare a quello che Marx chiamava il surplus, quindi la sovrapproduzione per l’esportazione.
I luoghi dove lo esportavano li conosciamo grazie alle anfore da trasporto che sono diffuse in tutto il medirreano nord occidentale, quindi anche nella zona Celtica.
Questo è il primo aspetto, economico.
Poi c’è un aspetto culturale importantissimo: il potenziale sociale del vino. Gli etruschi hanno sviluppato, come i greci, l’aspetto della convivialità.
Nelle tombe di Tarquinia le forme vascolari sono forme per il consumo del vino potorie e per mescolare il vino con l’acqua perchè il vino non veniva bevuto allo stato puro.
Infine c’è tutto un aspetto un po’ meno noto dell’uso del vino. Era uno dei principali liquidi usati per le libagioni come si legge in testi sacri come il “Liber lintu Zagrabiensis”, dove è proprio menzionato il nome del vino “vinum”, in latino.
Quanto è rappresentato dalle cantine presenti il territorio vitivinicolo etrusco?
La gran parte. direi che c’è una buonissima rappresentazione, perché ci sono le produzioni di tre regioni etrusche, Toscana, Lazio e Umbria. Manca la Campania che era l’altro dominio e territorio di colonizzazione etrusca. È qualcosa che potremmo suggerire agli organizzatori magari un domani proprio per rappresentare tutta la produzione etrusca.
Proprio per approfondire la cultura di questa civiltà, in occasione del DiVino Etrusco, il Museo Archeologico ha aperto le porte al costo simbolico di due euro e tra gli eventi sono stati inseriti “Tramonti divini” ed “Etruschi divini” due visite guidate alla scoperta del patrimonio artistico di Tarquinia.
Per approfondire la parte vitivinicola, invece, basta seguire la mappa ritirata insieme al bicchiere, dove sono indicati tutti i banchi di assaggio dislocati per la città, da Piazza Cavour all’Alberata, da Piazza Titta Marini a Via Lunga.
Una passeggiata tra tre regioni, ognuna con la sua peculiarità. Un buon modo per apprezzare le differenze tra un sangiovese prodotto a Piombino e uno prodotto ad Arezzo. Alcuni produttori di Tarquinia hanno proposto il Vermentino, sempre riconoscibile, ma con bouquet molto diversi, a volte ampi, in cui quei profumi delle spezie del territorio si distinguono nitidamente come nel caso di Casale Poggio Nebbia.
Caso analogo per il moscato di Onorati (Cerveteri), un vino secco che unisce ad un “naso” tipicamente aromatico, una bocca fresca, ma soprattutto non particolarmente dolce.
Tante le cantine veterane dell’evento, ma anche quest’anno non sono mancate le new entry: si sono aggiunte la giovane azienda di Tarquinia Vinaio 98.3, e Castello di Ceri di Cerveteri.
Un percorso fatto di scorci, tra mostre, incontri, letture e spettacoli di artisti di strada. Tanti stand, diversi con prodotti del territorio, come saponi, olio o liquori. Giusy e Moreno, de il Colombario, che rispettando il territorio, producono liquori con le piante che il suolo gli fornisce, abbinando tante botaniche come Rosmarino, Salvia, Ginepro e Alloro per “Erbe del Cacciatore”.
Insomma, DiVino Etrusco è un evento multisensoriale… da non perdere.
Buon Vino e Buon Viaggio
Antonella De Cesare