Dopo la struggente narrazione di “Destini di donna nella Germania nazionalsocialista” Vincenzo De Lucia propone, sempre per spring edizioni, “L’Età dell’ebbrezza” una storia intima dai contorni drammatici tratta da un brutto fatto di cronaca avvenuto a Berlino nel 1928. I protagonisti, degni attori di un dramma che definirei shakespeariano, soggiogati dai sentimenti e da un’ebbrezza prettamente giovanile, si ritrovano ad essere giudicati non solo dalla legge penale per un duplice delitto ma, anche da una società evoluta solo di facciata. Ipocrisie e bugie si confondono e si perdono, di fronte ai fatti che vorticosamente si annodano negli atteggiamenti dei giovani, condannati ancor prima di essere giudicati, in un acme da io narrante che coinvolge il lettore lasciandolo senza fiato.
Una narrativa asciutta che ci traghetta in una Germania che si avvia al declino. Lo scenario è quello delle case popolari dove Paul, uno dei protagonisti della storia, sogna di non essere avvinto dallo stesso destino di suoi genitori confidando nella sua unica arma di riscatto : lo studio. L’impegno e la dedizione profusa lo premieranno facendolo entrare in una scuola prestigiosa dove incontrerà anche il suo destino, nello sguardo querulo di Günter.
Da quell’incontro nascerà un’amicizia sfrontata, rocambolesca che coinvolgerà entrambi in una irrazionalità fuori controllo che ben presto condurrà alla deriva anche Paul, innamorato di Elli sorella minore di Günter. Un intreccio di passione commisto a dolore, una frustrazione che lo spingerà a scrivere poesie accorate, pregne di quella distanza sociale che sconvolge il suo destino. E come in ogni dramma che si rispetti, Elli, nel gioco di famme fatale, traghetterà inconsapevolmente gli ingenui protagonisti sin dove morte e inganno riempiranno le pagine di cronaca dei quotidiani. Colonne pronte a soddisfare il morboso desiderio di informazione dell’opinione pubblica rivolto più ai dissoluti comportamenti dei giovani che alla morte violenta di due ragazzi.
Anna Di Fresco