“Destini di donne” di Vincenzo De Lucia
Destini di donna nella Germania nazionalsocialista, un lavoro di Vincenzo De Lucia che pone luce su fatti dimenticati dalla storia. È il libro degli ultimi che pare, in qualche modo, forgiare le essenze di donne comuni, vittime anch’esse di una società fondata su valori fuorvianti e costrittivi, sospinta dall’egida che induce gli uomini alla guerra contro il diverso, e le donne a mansuete bestie da pascolo. Solitudine e inadeguatezza, in quella presunta società di “vincitori”, non erano ammesse. Unica arma di forza, di fronte alle violenze fisiche, nonché psichiche, perpetrate ai loro danni dal braccio duro di un ideale sottilmente molesto, al pari della lunga coda di una frusta, era il silenzio e la mortificazione.
Essere donna a dispetto di un mondo che ti rende schiava. È dunque l’immagine principe di un libro, la cui essenza sprona alla riflessione, non solo sulla Germania nazista, ma anche sul presente. Scorrere le pagine per scoprire i pensieri, i volti, le sofferenze di umili donne sepolte nelle pieghe del tempo, ma dalle storie nodali ai fini della comprensione socio culturale di una società che si è evoluta costruendo il presente sulle schiene martirizzate . De Lucia con “Destini di donna nella Germania nazionalsocialista” toglie il velo della vergogna a chi, ingiustamente, è stato ridotto ad essere ombra e sospiro, solo perché alla schiavitù ha scelto la libertà di spirito. Una libertà che non pone limiti all’amore, che radica la sua essenza nel cuore di un lavoratore straniero, di un prigioniero politico, di un ultimo. Leggeremo di quelle donne definite Asozial – asociali – alle quali veniva assegnato un triangolo nero, perché traditrici del mandato della razza pura, o perché più semplicemente definite dementi e quindi dannose per l’operosa società tedesca, ma non per questo non idonee a soddisfare i bisogni sessuali dei soldati di Himmler. Donne indotte alla fame non solo del corpo ma anche della mente, sofferenti perché relegate al pari, se non peggio, di un animale domestico poiché sottoponibili agli obblighi più assurdi. Punite se ribelli con un marchio… indelebile nell’anima per tutta la vita. Una società cruenta e spaventosa dove il diverso altro non è che l’avvelenatore di un popolo aggressivo, imbastardito da convinzioni retoriche, in grado solo di rimpettire l’orgoglio, ma non di ammansire le coscienze.
“ La nazionalizzazione della nostra massa riuscirà solamente se, insieme alla lotta positiva per l’anima del nostro popolo, verranno estirpati i suoi avvelenatori” Mein Kampf.
In questo volume l’autore ripercorre storie perdute nel tempo seppur urlanti un barlume di conoscenza. Storie che abilmente vengono, trasposte nel nostro tempo, nel quale nuove forme di nazionalismo ancora si insinuano nelle idee degli astanti computerizzati.
Un ponte con il passato che solo in apparenza appare anacronistico, ma che di fatto, insiste in bieche forme politiche poste in dono agli affamati di rancore.
De Lucia ci invita a rileggere la storia per non commettere gli stessi errori. Ci stimola alla riflessione sulla globalizzazione e sulla diffusione di notizie narcisistiche nel mare magnum del web e non solo. La lotta occulta e persistente alle diversità, la sleale faziosità politica, nonché l’infida macchina del fango sempre pronta a partire, non sono altro che il risultato di esperienze trascorse, figlie di una storia già vissuta sulla pelle e nell’animo delle donne dipinte da Vincenzo De Lucia.
“Se riuscissimo a metterci nei panni degli altri, tanto da sentire gli altri come se fossimo noi, non avremmo bisogno più di regole, di leggi. Perché agiremmo per il sentire comune e quindi non faremmo mai qualcosa contro qualcun altro che sentiremmo come se fosse noi” Pëtr Alekseevič Kropotkin
Anna Di Fresco