“Scelse la libertà” di Yvonne Carbonaro
Scrivere rappresenta un modo per ricercare se stessi, una forma di speculazione filosofica del sé recondito nelle pieghe del presente come del passato e “Scelse la libertà” rappresenta il fil rouge che collega il passato col presente. Un complesso intreccio che ci apre ad un presente come rigurgito di destino e anelito di speranza nel nome di una libertà concettuale fuori dal tempo, romantica, e allo stesso tempo trasparente alla stregua del bisogno catartico di immaginare il popolo, e non la popolazione scapigliata e sconnessa, unito verso una pace ultraterrena insita nel cosciente. L’autrice ci racconta con grazia il viaggio della vita di un uomo troppo umile per darsi al vanto, al punto da stupirsi all’atto stesso della scoperta dei grandi rischi affrontati da quel padre mite e taciturno il cui amore non è bastato a colmare il tempo di una vita. Una sorta di epico riscatto che una figlia porge al mondo per fare sì che si sappia che una vita tanto preziosa non può appartenere solo al sospiro del tempo che sfugge. Siamo ombre eppure nelle pieghe del nostro tempo possiamo essere in grado di creare il luogo in cui incontrare le braccia di chi amiamo, forse solo per scusarci d’essere stati involontariamente assenti.
Un abbraccio virtuale, quasi ultraterreno, nel quale bisbigliare un timido: “Ti voglio bene”.
Entrando nel vivo della narrazione l’autrice riporta le gesta del padre, Biagio Carbonaro nato a Tunisi nel 1915, figlio com’era di quell’Italia post unitaria stanziatasi in Africa alla ricerca di sostentamento e pace. Una sorta di terra promessa ben presto violata dal cosiddetto “ schiaffo di Tunisi” allorquando nel 1881 i francesi occuparono improvvisamente la Tunisia imponendo al Bey Muhammad III al-Sadiq il loro protettorato a danno dell’Italia. Poco prima di questo terribile avvenimento, sconvolta dai morsi di una fame becera e ingrata, la famiglia Carbonaro si trasferisce da Ragusa (Sicilia) a Tunisi, inseguendo il sogno che vedeva protagonista questa nuova colonia che si sperava diventasse un giorno italiana.
Negli anni che seguirono le idee di questa comunità di italiani si trasformarono, investite come furono, dall’onda irruenta del fascismo e fu allora che nel protagonista di questa storia a tratti straordinaria, si formò una coscienza politica antifascista e anarchica una che lo condusse in Spagna laddove venne schedato come sovversivo comunista.
A questo punto la narrazione saggistica dei fatti si fa fitta come preannunciando l’inizio di una vita importante il cui divenire non poté che essere il seme per la crescita di altrettante vite.
Combatté in Spagna assieme ad altri giovani, rischiò la vita allorquando la Repubblica Spagnola soccombette di fronte al golpe per mano di Francisco Franco. Si scatenò una cruenta guerra civile nella quale si videro, gli uni contro gli altri rispettivamente, i giovani del “Battaglione Garibaldi” nonché i repubblicani spagnoli, le brigate internazionali sostenute dall’Unione Sovietica, e franchisti sostenuti da Hitler e Mussolini. Così nel 1938 assieme ai combattenti insorti contro Franco Biagio Carbonaro, membro della Brigata XII, prese parte agli scontri tra le truppe italiane fasciste e la guerriglia antifascista, uno tra i più importanti documentati è quello di Huesca a cui prese parte anche il nostro eroe uscendone ferito. Toccante risulta essere il reperimento di una lettera del padre il quale, sebbene non condividesse le sue idee, continuò a seguirlo nonché a chiedere notizie su di lui.
Intanto le tracce del tempo conducono l’autrice al campo di battaglia, uno tra i più importanti, ritratto da Pablo Picasso nel famoso dipinto intitolato col nome della città che fu trafitta dal fulgore dei bombardamenti, Guernica.
Così lungo la scia di lotta per la libertà, Biagio Carbonaro fu coinvolto anche nel conflitto contro i nazisti durante le quanto mai note “Quattro giornate di Napoli”, catapultato come fu, nel vero senso della parola, a Paestum dagli americani in quanto agente dell’Oss – Servizio Segreto Americano – selezionato tra i dieci reduci dalla Spagna dei venticinque antifascisti reclutati dal capitano Andre Pacatte per compiere, assieme ad altri agenti, attività antifasciste.
Tra questi venne anche integrato nell’esercito americano, nella V Armata del Generale Clark. L’autrice chiarisce che tale scelta era strettamente connessa al fatto che questi uomini non erano neofiti in merito ad attività di guerriglia avendo preso parte alla guerra civile di Spagna.
La storia prosegue prodiga di informazioni importanti dal punto di vista storico come dal punto di vista personale eppure, in quella che possiamo definire a pieno titolo narrazione saggistica, non possiamo non scorgere quegli elementi che legano una figlia all’immagine ritrovata del padre. Concludendo il resoconto di una vita così straordinaria l’autrice, con dovizia di immagini, ci racconta infine di un uomo che conquista il mondo e che nel dopoguerra non si ferma di fronte alla possibilità di avere una vita agiata nella propria patria. Vola via, si allontana da un dopoguerra che gli restituisce un’Italia troppo satolla per ricordare quanto era stato duro lottare per un’idea di libertà irraggiungibile agli occhi di chi non fa dell’utopia il motore del progresso. Così si allontana dalla famiglia e da quei figli tanto amati per accettare lavoro in Venezuela, laddove il suo ingegno gli permetterà di raggiungere un insperato successo.
Un libro che riporta alla mente il senso del ricordo in maniera aulica e raffinata, e che ci spinge a riconoscere il passato in quanto natura in divenire, presente ad oggi in forme diverse, insito com’è nei pensieri di una prole mai sazia di una presenza tanto importante, al punto di trasmetterla nella memoria di tutti. Biagio Carbonaro è stato un eroe che visse e che, grazie all’opera della figlia Yvonne, continuerà a vivere anche negli occhi dei famelici lettori di questa incredibile narrazione.
Anna Di Fresco