Negli scantinati di un palazzo del centro storico, Antonio lavora circondato da una distesa di riccioli di legno che scaturisce dal movimento ritmico e sapiente della pialla insieme all’aroma delle essenze lignee che da assi informi, sotto le sue mani, abili quanto quelle del Geppetto collodiano, acquisiscono aspetto e forma e personalità di mobili raffinati, porte massicce, telai decorativi.
Egli esercita da più di mezzo secolo l’arte di ebanista nel cuore antico della città. Il suo laboratorio è ubicato in un sotterraneo al livello della stratificazione greco-romana nella zona adiacente l’Università, su uno dei cardini perpendicolari ai decumani nella direzione verso il mare.
Attraverso i decenni, professori universitari e studiosi di ogni disciplina, venuti a contatto con lui per ricorrere alle sue mirabili capacità di artigiano, visitando la bottega hanno vissuto l’emozione di addentrarsi in uno dei tanti sconosciuti santuari della memoria storica dell’antica
Neapolis. Ne sono rimasti affascinati e si sono prodigati nei più svariati consigli su possibili originarie destinazioni d’uso, valutazioni, attribuzioni d’epoca, ma poi tutto è finito là.
Non dotato dalla sorte dei raffinati strumenti di indagine scientifica e culturale dei suoi visitatori, ma certamente ricco d’intuito, ampia umanità e larga esperienza di vita, Antonio ha chiara coscienza del patrimonio storico di cui si è trovato per caso ad essere custode.
Come uno gnomo delle leggende, ne va fiero ed è preso dall’ansia di proteggere, valorizzare, conoscere e far conoscere quel luogo che, come in un antico diario, riporta con inoppugnabile cronologia, attraverso le successive sovrapposizioni, le pagine travagliate della storia del territorio, ancora tutta da leggere.
Il sito, che si sviluppa tra spazi ampi e stretti cunicoli, è vasto e pieno di sorprese, tra cui un vecchio pozzo per il prelievo dell’acqua dolce, sulle cui pareti sono chiaramente leggibili i segni dei colpi del secchio nel suo saliscendi. Il pozzo si inoltra nel sottosuolo non si sa fino a che livello, il vano nella parte superiore si presenta al momento invaso di rovine, forse quelle di un palazzo vicino abbattuto da una bomba nell’ultima guerra.
Al di sopra della pavimentazione greco-romana di grandi lastre di basalto su cui più di duemila anni fa hanno camminato gli abitanti del tempo, si eleva una maestosa scala elicoidale di lava vulcanica, magistralmente eseguita, di probabile fattura bassomedievale, che penetra nel sottosuolo a profondità non ancora accertata.
Perfino dei ricercatori americani sono andati a studiare e fotografare quella fantastica scala, ma poi non gli hanno dato notizie, accrescendo la curiosità e il bisogno di conoscenza di Antonio su quel posto in cui quotidianamente trascorre molte ore. Così un giorno, con un amico pompiere, ha tentato l’avventura di spingersi nelle viscere della terra calandosi con una fune lungo un cunicolo cilindrico usato in tempi remoti dagli antichi cavatori di tufo.
Nel calarsi, come loro ha poggiato alternativamente la punta del piede negli incavi scavati da millenni per consentire la discesa e la risalita. Il cunicolo si è infine aperto su un vano ampio e profondo. Ad un certo punto la discesa è diventata impossibile per le esalazioni di gas misto a fumi densi, umidi e soffocanti. Antonio e il suo amico pompiere con rincrescimento hanno dovuto rinunciare all’impresa.
Che cosa rappresentava quel sito in epoca greco-romana? E la scala? A che periodo esattamente corrisponde e a chi apparteneva l’edificio di cui era parte? E il pozzo da chi veniva usato? E fino a quando? Quanti interrogativi senza risposta!
Egli però non demorde, tenterà ancora di sapere, di conoscere, di strappare all’antica città uno dei tanti segreti sepolti tra le stratificazioni del suo grembo accogliente e infinito. E pensa e progetta e chiede lumi, spinto dall’ansia che il tempo che ha davanti possa non essergli sufficiente
per risolvere un rompicapo che secoli di vicende umane hanno reso intricato e che l’incuria di altri
secoli ha poi sepolto nell’oblio.
Ma riuscirà questo piccolo gnomo settantenne, armato solo della sua infinita tenacia e illuminato solo dal suo grande acume, a penetrare e svelare uno degli innumerevoli enigmi di quella misteriosa e fantastica Neapolis, su cui la storia ufficiale e l’archeologia ancora non hanno fatto luce completamente?