Umberto Saba

Ed è il pensiero della morte
che, in fine, aiuta a vivere.

Mio nonno è un tipo trash. Anzi, un incrocio tra il trash, il kitsch e il pulp. Quando ce la mette tutta, sconfina pure nel dark.
È un po’ sciroccato ed è fissato con l’idea della morte. Non pensa ad altro, giorno e notte; ne parla in continuazione, senza mai far capire se stia scherzando o facendo sul serio.
È anche assai superstizioso: va in giro con corni e cornicelli appesi all’orologio, alla catenina, alla cintura, persino ai lacci delle scarpe. Se per strada incontra un gatto nero, è capace di fermarlo: «Altolà, la precedenza spetta a me!».
Incolla gli adesivi dei santi dappertutto; il parabrezza della sua auto ne è stracolmo. Per questo i vigili spesso lo bloccano. E lui ogni volta a giustificarsi: «È vero, non vedo un tubo, ma quando sto qua dentro mi sento in paradiso!».
Un giorno trovò un’inserzione su un giornale: Mago dei misteri consulente esoterico regala un talismano di lunga vita a ogni consulto. Decise di fargli visita, nonostante i disperati tentativi di dissuasione dell’intera famiglia. Tornò con una spilletta di Padre Pio attaccata al bavero della giacca e duecento euro in meno nel portafoglio.
La sua poesia prediletta è ’A livella. È pronto a declamarla con solennità in ogni occasione propizia: Pasqua, Natale, feste di compleanno, onomastici, cresime, banchetti nuziali, funerali.
«Va bene per tutte le circostanze perché a prescindere, eziandìo, è la somma dei suoi versi che fa il totale» dice imitando Totò.
Il suo passatempo preferito è inventare maledizioni che abbiano a che fare con l’aldilà. La prima e unica volta che siamo andati insieme allo stadio, ne ha tirata fuori una da Guinness dei Primati. Episodio scatenante: un giocatore della nostra squadra del cuore era stato atterrato in area e l’arbitro non aveva concesso il calcio di rigore. Mio nonno, che era rimasto fino a quel momento in sbadigliante silenzio, si è alzato in piedi e ha urlato tutto d’un fiato: «Arbitro, sia sempre lodato quell’albero di limoni che stava in quel giardino a fianco a quell’albero di cachi che non vedeva il sole perché era coperto da un albero di noci che quando l’hanno tagliato è servito per costruire le bare con cui hanno seppellito i morti di chi t’è morto e di chi t’è stramorto!». La curva è scoppiata in un applauso scrosciante. Io mi son fatto piccino piccino.
Mio nonno ha le idee chiare sul suo futuro: «Quando morirò, ammesso e non concesso che io vi dia questa soddisfazione, niente fiori, solo omaggi in denaro. E sul manifesto a lutto fate stampare la foto che mi scattarono il giorno della prima comunione, col giglio bianco in mano».
«Nonno, ma così non ti riconoscerebbe nessuno!».
«Sì, ma farei schiattare quelli che mi vogliono male, perché penserebbero che sia morto uno dei miei nipoti. Tu, per esempio…».
«Grazie, nonno, vedo che mi vuoi un gran bene».
«Sì, un bene dell’anima».
Ha un altro chiodo fisso: vorrebbe un carro funebre classico, trainato da due cavalli. «Quattro, sei o addirittura otto cavalli producono troppi escrementi, e tutti direbbero che è un funerale di cacca».
Per il corteo funebre non gradirebbe la banda musicale ma la fanfara dei bersaglieri: «Così finalmente correrete tutti appresso a me».
Quanto alla bara, una sola preferenza: «Deve avere molte aperture, se no mi mancherà l’aria».
«Nonno, ma che t’importa, tu sarai morto!».
«Lo so, proprio per questo mi mancherà l’aria».
Come se non bastasse, desidera essere seppellito con giacca, cravatta e brillantina: «Così se il Padreterno organizza una festicciola, faccio una bella figura».
«Nonno, ma sei sicuro di andare in paradiso?».
«Si capisce: dopo ’sta vita d’inferno!».
Uno dei suoi desideri è di avere “una fossa ben soleggiata”. «Per riscaldarmi le ossa» aggiunge sghignazzando.
Davanti alla sua tomba vorrebbe uno chalet con sedie e tavolini: «Così nelle serate estive potrò riunirmi con gli amici per giocare a tressette col morto».
Gli ho chiesto se un giorno potremo trasferire i suoi resti mortali dalla tomba in un loculo. Lunga pausa di riflessione, poi la risposta: «Sì, a condizione che il loculo si trovi in una fila bassa, perché la nonna, quando verrà a portarmi i fiori, dovrà fare a meno dello scaletto».
«Hai paura che possa cascare?».
«No, ho timore che gli altri le guardino le cosce».
«Altre volontà, nonno?».
«Oltre ai fiori, gradirei ogni tanto un panino, così la gente non mi considererà un morto di fame».
«Vuoi restare in salute anche nell’altro mondo, vero?».
«Certo, con tutte le malattie che sono in circolazione…».
«Hai ragione. Lo sai che c’è in giro un’epidemia di Coronavirus?».
«Davvero?».
«Sì. Per questo mamma, papà e la nonna non ti stanno facendo uscire di casa. Neanche loro possono uscire. E nemmeno io».
«Avevo notato qualcosa di strano: mi state sempre fra i piedi, dalla mattina alla sera… E quanto tempo durerà ’sta clausura?».
«Non si sa. Settimane, forse mesi…».
«Voglio morire!».