Storia sconosciuta di Salvator Rosa e di un dolce napoletano

Madre Margherita aveva un bel problema, un problema inatteso che, in verità, avrebbe dovuto aspettarsi: era stata infatti un’imprudenza mettersi a trattare, a causa delle scarse risorse del Convento, con quel pittore bandito da tutte le corti, del quale si diceva addirittura che avesse ucciso più di una persona. L’aveva chiamato e lui era arrivato al Convento con quella sua certa aria di braveria: lei gli aveva spiegato che le suore, riunite tutte in capitolo, avevano deciso di affidargli la realizzazione di una grande tela che illustrasse il momento in cui Chiara aveva tagliato i suoi lunghi capelli a riccioli d’oro, abbracciando la vita francescana; subito dopo lo aveva affidato al giardiniere Mastro Gaetano, a suor Crocifissa e a una giovane conversa, sorella Rosa, affinché gli mostrassero il luogo dove il dipinto avrebbe dovuto essere collocato.
Quel giorno il pittore sarebbe tornato per il preventivo. Ecco dunque il problema: suor Crocifissa le aveva riferito che l’artista aveva intrattenuto la conversa Rosa «con chiacchiere punto belle», aggiungendo che avrebbe dipinto il quadro a buon prezzo solo se avesse potuto avere lei come modella, senza velo in viso (beninteso) per poter vedere nei suoi lunghi capelli sciolti quelli della Santa giovane.
Suor Margherita rifletté a lungo, poi si recò in cucina a dare degli ordini.
Quando il pittore entrò rumoroso ed elegante nell’ufficio della Madre e depose sul tavolo il suo cartiglio con il preventivo, disponendosi a trattare e a discutere, ebbe un’insolita risposta. La madre gli porse un piccolo vassoio di semplice terracotta al centro del quale c’era uno di quei dolci tutti a liste di pasta: le sfogliatelle, per cui erano famose le monache; questa volta nel suo mezzo faceva capolino una cresta di crema gialla su cui era poggiata una grossa amarena di un rosso sangue intenso, quasi nero.
«Vi piace maestro?»
«È molto bella: sembra opera di un mastro scultore.»
«Se la maciullaste con i vostri denti sarebbe altrettanto bella?» Ciò detto la superiora schiacciò il frutto con le dita rendendolo una poltiglia.
«No di certo, ora è brutta. Ma che significa tutto questo?» chiese sorpreso e un po’ seccato.
«È un dolce nuovo, l’abbiamo fatto per voi e l’abbiamo chiamato, anche un po’ in vostro onore, Santa Rosa. È bello così com’è. Tante cose a manipolarle troppo e qualche volta perfino a guardarle con occhio sbagliato si distruggono, non sono più quel che erano» fece una pausa. «Se dipingerete la tela dovrete farlo lontano, lontanissimo da qui. Mi sono spiegata? Il preventivo può andar bene… troveremo il denaro.»
«Ho capito, siete una gran donna, mi metterò subito al lavoro.»
Salvator Rosa dipinse la più bella Santa Chiara alla tonsura che si fosse mai vista. Solo suor Margherita osservando il quadro si accorse che il mantello della nobile fanciulla era serrato da un gioiello tutto a liste d’oro con un rubino al centro, in tutto uguale ai dolci profumati con i quali le sorelle festeggiarono in quella mattina di Natale il bellissimo dipinto dedicato alla Santa, collocato con grande commozione, e molti cori, nella cappella principale del Convento.