“Capperi!”, tipica espressione, non volgare, di meraviglia! Togliendo il punto esclamativo, capperi, è solo il plurale di cappero, una pianta con fiori di colore bianco e rosa, di cui si consumano boccioli e frutti, peculiare del bacino del mediterraneo.

Una delle isole che ne vanta un’ampia produzione è Pantelleria, con terreni diversificati, fertili, di origine vulcanica. Terrazzamenti a perdita d’occhio con colori  che passano dall’ocra, al verde, al nero che si sposano con le sfumature del mare.

Il vento è il motivo per cui le coltivazioni sono sempre basse: si espandono più in larghezza che in altezza e per proteggerle vengono costruiti intorno i caratteristici muretti a secco, che colorano l’isola. Vocata più all’agricoltura che alla pesca è un isola nota per coltivazioni come l’origano, le uve di Zibibbo, e per l’appunto, il cappero.

Piccolo, medio, grande, aromatico. Dal sapore intenso e dal profumo che si diffonde per tutta l’isola, la Capparis Spinosa è la specie più comune perché si sviluppa più facilmente su terreni vulcanici.Nel 1996 il cappero di Pantelleria è stato riconosciuto dall’Unione Europea come prodotto I.G.P. (indicazione geografica protetta).

Se ne usa il bocciolo del fiore non ancora sbocciato, tondeggiante, e il frutto, detto cucuncio, dalla forma allungata.

I due hanno sapori e usi diversi, ma entrambi arricchiscono l’offerta gastronomica di tradizione pantesca.

Un’eccellenza del territorio, chiamato anche Oro verde di Pantelleria, la cui produzione continua instancabilmente, non senza difficoltà.

Infatti la produzione richiede un lungo impegno, a cominciare dalla raccolta, continua e manuale. Sul sito del Parco Nazionale di Pantelleria, che racconta le isolane eccellenze è spiegato nel dettaglio:

“Tra la fine di maggio e settembre comincia la fioritura e con essa la raccolta dei bottoni floreali non ancora aperti. Devono essere raccolti in modo tempestivo, prima dell’alba e appena germogliati. Quelli di dimensioni minori divengono, dopo la maturazione, il prodotto migliore. Una volta raccolti vengono messi a maturare in salamoia in sale marino. I capperi messi a maturare nel sale marino (circa il 40% del loro peso) vi restano 10 giorni durante i quali vengono periodicamente rimescolati. Una volta scolati vengono posti nuovamente sotto sale (circa il 20% del loro peso) per altri 10 giorni. Alla fine di questo secondo passaggio sono pronti per essere consumati” (fonte https://www.parconazionalepantelleria.it/).

Il racconto dal vivo della produzione e della storia di questo prodotto l’abbiamo avuto visitando l’Azienda Agricola Bonomo, dal marito della proprietaria, Emanuela Bonomo. Lei, subentrata al padre e cresciuta nella tradizione contadina, ogni giorno prosegue l’impegno di valorizzare i prodotti della sua terra.

La location dell’azienda ha una vista sull’isola a perdita d’occhio, tant’è che organizzano degustazioni ed eventi. All’ingresso del negozio sulla tv accesa si vedono le immagini della coltivazione. Fatta rigorosamente a mano e velocemente “perchè il cappero va messo immediatamente sotto sale subito dopo la raccolta“, spiega, “e si fa ogni settimana da maggio a settembre”.

Sugli scaffali si possono trovare capperi di ogni dimensione, e declinati in varie preparazioni. CI spiega che ogni tipologia può avere un diverso uso in cucina: “I piccoli  molto pregiati e si utilizzano principalmente per condire  insalate, pizze antipasti e piatti crudi in genere.

I medi hanno un più ampio utilizzo in quanto possono essere usati nelle salse e nella preparazione di primi piatti e secondi a base di carne o pesce;

I grossi sono da utilizzare prevalentemente tritati il loro gusto è più deciso rispetto agli altri”.

(https://aziendabonomopantelleria.it/il-capperro/)

Per conoscere dettagli e curiosità sulla produzione e sulla storia del cappero si può anche visitare il “Museo del Cappero” creato nel 2021 da  Bonomo & Giglio, storico capperificio, con il patrocinio del Comune di Pantelleria, del Parco Nazionale Isola di Pantelleria, della Regione Siciliana e della Camera di Commercio di Trapani. Un dammuso dell’800 dove l’esperienza è sia formativa tra documenti, testimonianze e utensili, sia sensoriale, tra i vari capperi e i loro profumi. Si possono anche degustare!

Sicuramente vanno assaggiati perchè il loro sapore è diverso da quello a cui siamo abituati nelle comuni salamoie da supermercato. Il cappero pantesco ha una sorprendente delicatezza, anche nella sua sapidità. Nelle versioni patè, in particolare, risulta morbido e fine.

Non trascurabile anche il fatto che faccia bene alla salute. Le sue sono prevalentemente proprietà diuretiche e antiossidanti, contiene vitamine dei gruppi A, K e B, soprattutto l’acido folico e inoltre può essere un ottimo sostituto del sale. Difatti, viene usato per arricchire piatti come l’insalata pantesca e la caponata, oppure come principale ingrediente del semplice spaghetto capperi e olive.

Delle sue proprietà terapeutiche hanno parlato Ippocrate, Catone, Galeno, ma a valorizzare le caratteristiche benefiche proprio del cappero italiano è stato Plinio nel 1°secolo d.C. nel Naturalis Historia, definendolo innocuo rispetto a quello arabo o africano. Tritato, cotto, in crema, in infusione viene descritto come toccasana per cistiti, mal di denti, dolori al fegato e stomaco, problemi intestinali, e addirittura per la paralisi.

“Capperi!”

E allora non resta che abbondarne nei nostri piatti!

Buon appetito

Antonella De Cesare