Benvenuti al nostro primo appuntamento con la rubrica musicale curata da Luca Cacciatore. Era da tempo che desideravamo creare uno spazio dedicato alla musica, ma cercavamo, come si dice, la persona giusta al posto giusto. E l’abbiamo trovata. La passione  a Luca non manca e la professionalità pure, oltre che, come per tutti noi, la volontà di donare gratuitamente al sito una parte del proprio tempo. Conduttore e ideatore di un programma radiofonico su Radio Dimensione Musica, oltre che collaboratore della rivista di musica e cinema Freequency, con questo primo servizio Luca entra ufficialmente a far parte dello staff di “dalloscaffalealweb”. Quale migliore inizio se non quello di  raccontare di un grande evento come “Superaurora” di Castel Fusano Roma. Lascio quindi la penna a Luca (Il Caccia) formulando a lui e a noi i migliori auguri di buon lavoro.                                                                                                         Carlo De Cesare.

                                     Superaurora

Buona la prima? Cercheremo di dare una risposta alla tipica domanda che sovviene vivendo un’esperienza al suo esordio, affidandoci ai colori.  Del resto, i cromatismi iridescenti dell’aurora sono proprio quelli che caratterizzano l’iconografia del SuperAurora Art & Music Festival. Una due giorni al suo esordio – per l’appunto -andata in scena presso il Castello Chigi di Castel Fusano, nella verdeggiante pineta di Ostia, a due passi dal mare il 27 e 28 luglio.

Prima di addentrarci nel merito, vale la pena riflettere su come una manifestazione multiculturale che ponga al centro eventi musicali molteplici con una chiara ispirazione internazionale, prima di oggi sul territorio romano non avesse ancora visto la luce. In questo senso l’evento SuperAurora ha una denominazione decisamente appropriata.

Non tutto può essere perfetto – il che trattandosi di arte e cultura non necessariamente ha una accezione negativa – tanto meno una manifestazione al suo primo atto.  Con l’auspicio di vedere nuove edizioni nei prossimi anni, vogliamo partire dalle note positive con spirito di incoraggiamento.

Tutto il meglio di quello che abbiamo vissuto lo associamo al VERDE.

Il colore della speranza, certamente, ma anche la tonalità predominante del parco che ha fatto da sfondo alla manifestazione.  La location si presenta ottimale per dare vita a uno Sziget Festival alla pajata, con tutte le dovute proporzioni. L’enorme isola in cui si svolge il celebre festival ungherese è difficilmente eguagliabile, ma la raffinata architettura di Castello Chigi, voluta del Cardinale Giulio Cesare Sacchetti nel diciassettesimo secolo, infonde una suggestività al SuperAurora Festival del tutto peculiare.

Come in una sorta di villaggio medievale il Castello è un punto di riferimento centrale circondato da differenti attrazioni: quattro sono i palchi deputati ai concerti, Nova Stage, Comet Stage, Pulsar Stage e Andromeda Stage ovvero il palco principale.  La vocazione di ispirazione Flower power con palesi riferimenti a musical come Hair (basti pensare al brano Aquarius), si evince sin dai nomi astrali associati ai palchi. Chiudono il cerchio una ruota panoramica, neanche fossimo al Prater di Vienna, un’area yoga e una area market. Per chi vuole vivere una esperienza più immersiva è presente anche un’area camping.

Il cuore dell’evento è la musica, e se una prima lettura superficiale della lineup potrebbe far storcere il naso, vogliamo invece inserire la selezione artistica nel nostro bollino VERDE. Artisti di fama nazionale e internazionale si sono alternati nella due giorni, ecco alcuni nomi: Jungle, Craig David, Masego, Mezzosangue, JP Cooper, Glitterbox, Adi Oasis, Louie Vega, Jayda G, Dabeull, BIGMAMA, Kapote, Laila Al Habash, IAMDDB, Mousse T., Sophie Lloyd, Ciao! Discoteca Italiana, Jason K, I Hate My Village.

Cosa emerge da questa selezione? La mescolanza in stile macedonia. Dall’artista R&B generatore naturale di Hit radiofoniche (almeno qualche decennio fa), passando per la nuova cantante pop “trasgressiva” sdoganata dall’ultimo San Remo, fino alla proposta indie-rock alternata alla scena rap. Fino a non troppi anni fa un palinsesto caratterizzato da questa mescolanza di stili e generazioni avrebbe generato un effetto respingente. Oggi, invece, i pubblici vivono meno la dinamica della tribù, lo spirito del clan secondo cui l’identificazione nel tuo idolo musicale equivale alla certezza di vivere un’esperienza “con i tuoi simili”. Nel bene o nel male, per le nuove generazioni queste dinamiche sono superate. Per questo motivo, una line-up capace di leggere questo spirito dei tempi è sinonimo di coraggio.

L’altro principio vincente del programma proposto dal SuperAurora Art & Music Festival è quello di cogliere la doppia anima del consumatore ideale di musica live: la voglia di scatenarsi ai piedi di un palco per un assolo di chitarra, non confligge con il desiderio di ballare all’ombra di un dj set. Ed è questo che il Festival ha proposto in simultanea. La distanza tra un concerto presso i’Andromeda Stage e l’evento dance anni ’70 al Nova Stage è minima al SuperAurora Festival, e non ci stiamo riferendo a quella spaziale.

Tra le esibizioni a cui abbiamo preso parte, la performance che ricorderemo maggiormente è sicuramente quella di Adi Oasis. Astro nascente del R&B, bassista/cantante di origine franco-caraibica, ma di adozione anglosassone, è stata protagonista di una esibizione elettrizzante. Un viaggio in cui l’imprevisto è la reale carta di embargo: mentre credi di muoverti esclusivamente su venti di bonaccia soul, arrivano sferzate funk e folate controvento disco music che non ti aspettavi di incontrare. Coadiuvata da un equipaggio di altissima caratura – menzinoe al merito bel il vigoroso batterista – l’artista si è esibita per la prima volta in Italia. Il primo nesso logico che l’artista suggerisce è inevitabilmente quello con Esperanza Spalding. I motivi sono molteplici: lo strumento, la voce, lo stile, la bellezza afro, la presenza scenica. E noi ci sentiamo di augurare alla brava Adi Oasis una carriera analoga.

Nella logica dell’alternanza di genere e stile, sul piano delle proposte nazionali, l’altro concerto avvenuto sul palco principale che merita la menzione lo mettiamo sul secondo gradino del podio: Mecna. La sua proposta hip hop metropolitano ha una genuinità che riporta a Caparezza, soprattutto per la proposta live con una band dal profilo fortemente heavy in un mondo musicale dove spesso la presenza di strumenti “suonati” è battuta di rado.

L’ultimo nota di merito VERDE che ci piace testimoniare riguarda l’omaggio a Pino D’Angiò. Il Cantautore di Pompei scomparso lo scorso 6 luglio è stato ricordato con una video proiezione sulle note della celebre Ma quale idea. Nelle strane coincidenze della vita, il cantante ci ha lasciato proprio nel periodo in cui la sua signature song è tornata in auge grazie alla collaborazione con i BNKR44.

In una sorta di zona grigia, citiamo quegli aspetti dell’evento che non ci hanno colpito particolarmente.  Siccome il grigio non si addice ai colori del Festival, abbiamo optato per INDACO.

Se le esibizioni citate in precedenza hanno generato spunti notevoli, le performance di una giovane promessa della scena cantautorale urbana Giuse The Lizia, e del fenomeno del momento BigMama, non ci hanno esaltato.

Il concerto del giovane Giuseppe Puleo è un tipico esempio di prolissità verbale della Generazione Z, il cui mantra, o lo conosci (già) o lo eviti. Un linguaggio che parla alle nuove generazioni, certamente, ma se si giudica la performance in quanto tale, il profilo strumentale, la produzione, non si può evitare di notare l’effetto ridondanza. La monotonia di un repertorio sempre uguale a sé stesso non passa la prova live.

Discorso diametralmente opposto per BigMama. La capacità di giocare con il pubblico, di provocarlo e di tirarlo verso di sé, non le manca. Quanto a interrogarsi sulla chiave del successo di un repertorio dance hip hop confuso, intriso di volgarità e narcisismo, lasciamo ai posteri l’ardua sentenza (ma un’idea ce la siamo già fatta).

La zona ROSSA ce la siamo tenuta per ultima. Rappresenta ciò che non ci ha convinto. Ma tornando a quel concetto iniziale del perfettibile di una manifestazione che nasce oggi, ci teniamo a precisare che i seguenti sono spunti di riflessione dallo spirito costruttivo.

La tendenza sempre poi diffusa di non fare circolare contante all’interno dei festival ha preso piede anche in questo contesto. Se alcuni festival hanno abbracciato l’utilizzo dei così detti token, nel caso di SuoerAurora il metodo è quello di una app dedicata sulla quale effettuare la ricarica del proprio budget di spesa, rete permettendo. L’alternativa è l’effettuazione di ricariche con precisi vincoli presso le casse interne dell’area market. In questa modalità i pagamenti sono effettuati tramite braccialetto QR CODE. 

Oltre ad essere un metodo laborioso, ci sfugge la reale necessità. La libertà di poter pagare in contanti o anche solo con il proprio bancomat dovrebbe essere garantita sempre, Ancor di più nell’ambito di eventi culturali di aggregazione.

Il Caccia